MARIA, MADRE DELLA PACE
di Franco Biviano
Provo una particolare emozione a scrivere di Maria, madre di Gesù, perché più volte nel corso della mia vita ho potuto sperimentare la forza della sua benevolenza. Incurante dei miei atteggiamenti di ribellione, dei miei tentennamenti, della mia apatia, Maria ha trovato sempre il modo di afferrarmi per i capelli e riportarmi sulla giusta via.
Mi domando se esista, se sia mai esistito, qualcuno all’interno della Chiesa che non abbia in qualche modo avvertito l’intervento di Maria nella propria vita di fede, tanto costante è la sua azione a favore dell’umanità e tanti e tali sono i suoi concreti gesti di madre vigile e premurosa. Grande è infatti il ruolo che Dio le ha affidato, scegliendola come madre della sua Parola fatta carne. Volendo essere uomo in tutto e per tutto, ad eccezione del peccato, Dio è "nato da una donna" (Galati 4, 4), si è incarnato nel grembo di Maria. L’adesione piena al progetto di Dio nei confronti dell’umanità l’ha resa non soltanto vivente dimora di Dio in mezzo agli uomini, ma, coinvolgendola in prima persona, l’ha trasformata da "annunziata" in "annunziatrice".
Maria ha nei confronti di Cristo un ruolo promozionale, è la "promotrice" della fede in Gesù. È colei che si fa in quattro per rendere attiva la presenza del Messia laddove c’è bisogno. Appena pronunciato il "fiat" che provoca l’intervento dello Spirito Santo fecondatore, Maria diventa attiva missionaria. Immediatamente scatta in lei la volontà di attivarsi perché gli uomini sperimentino che Dio ha già piantato la sua tenda in mezzo a noi. Ed eccola partire subito ("in fretta" precisa l’evangelista Luca) verso le montagne della Giudea per portare all’anziana parente Elisabetta la presenza del Cristo appena concepito nel suo grembo.
Venendo a noi attraverso Maria, Dio ci indica un preciso itinerario di salvezza: ogni credente deve realizzare il suo incontro personale con Cristo, ma a Gesù si arriva attraverso Maria ("Ad Iesum per Mariam"). Per questo la Chiesa sin dalle sue origini non cessa di prestarle un culto di iperdulia e di rivolgersi a lei con la preghiera. Questo culto mariano che tutti ci contestano (protestanti, Testimoni di Geova, mussulmani) è la strada maestra per la salvezza. "La pietà della Chiesa verso la santa Vergine è elemento intrinseco del culto cristiano" (Paolo VI, Marialis Cultus, 56). Che la devozione a Maria venga contestata non deve sorprenderci minimamente, perché il diavolo (che degli uomini vuole solo la perdizione) sa benissimo contro chi dirigere la sua azione. Satana lavora perché gli uomini non riconoscano in Maria la "Madre dei credenti", ma egli sa pure che la sua sorte è segnata: "La discendenza della donna ti schiaccerà la testa, tu insidierai appena il suo tallone" (Genesi 3, 15).
Intendiamoci: per la salvezza dell’umanità Maria non era "necessaria"; avrebbe potuto benissimo non essere prevista. Ma Dio ha voluto che ci fosse e che avesse un ruolo determinante. A noi non rimane che prenderne atto e adeguare il nostro comportamento alla volontà di Dio. Maria è il "nesso" che Dio ha voluto mettere fra noi e Lui. Sminuire il ruolo di Maria o addirittura negarlo significa volere contrastare il piano di Dio, collocarsi al di sopra di Lui, e ciò è eminentemente diabolico.
"Il culto della Beata Vergine ha la sua origine ultima nell’insondabile e libera volontà di Dio, il quale...compie tutto secondo un disegno di amore" ( Paolo VI, Marialis Cultus, 56) e per amore donò Maria all’umanità come "agevolatrice" della salvezza.
Nessun contrasto può esistere fra il culto per Maria e quello per suo Figlio. Maria anzi è colei che mette in luce il Messia. In questa veste ci viene presentata nel racconto delle nozze di Cana, dove la vediamo vincere in qualche modo la resistenza di Gesù a manifestarsi. Alla obiezione del Figlio, che suona quasi come un netto rifiuto ("Non è ancora giunta la mia ora"), lei risponde in maniera pragmatica ordinando ai servi: "Fate quello che vi dirà" (Giovanni 2, 4-5). È lei che prende l’iniziativa e addirittura forza gli eventi affinché l’umanità apra gli occhi per riconoscere in Gesù il Messia che salva. Lei sente che l’ora, invece, è giunta. Costringe Gesù a dare un segno ("il primo" precisa l’evangelista) che lo riveli come Dio ("Gesù manifestò la sua gloria") e "costringe" in tal modo i convitati a credere in Lui.
Ancora oggi, assunta in anima e corpo alla presenza divina, Maria continua a "forzare" gli uomini perché credano in Cristo. È questo il senso delle molteplici apparizioni e delle tante "lacrimazioni". Maria predispone gli eventi perché gli uomini si arrendano di fronte all’evidenza.
Nel corso dell’anno liturgico la Chiesa ricorda più volte Maria, meditando gli eventi della sua vita in funzione della missione salvifica di Cristo. Una di tali feste è quella della Visitazione. Sin dalle origini, verso il XIV secolo, questa festa, celebrata tradizionalmente il 2 luglio, fu conosciuta anche col nome di "Madonna della Pace". Maria infatti entra in casa di Elisabetta e la saluta proferendo, come facevano e fanno ancora oggi tutti gli ebrei, la soave parola "SHALOM" ("pace"). Ma più che sulle sue labbra, è nel suo grembo che lei reca la Pace, che è Dio stesso. La pace, infatti, è il dono messianico per eccellenza, è la realizzazione piena del Regno di Dio: "Alla fine dei giorni... un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra" (Isaia 2, 4). Gesù, secondo l’espressione di Zaccaria, è "il sole che sorge dall’alto per... dirigere i nostri passi sulla via della pace" (Luca 1, 79). E nella predicazione di Gesù, la ricerca della pace sarà oggetto di una delle beatitudini: "Beati i promotori della pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Matteo 5, 9).
Il titolo di "Madonna della Pace", dal quale tra l’altro ha tratto il nome il nostro paese, è quello che meglio esprime il ruolo di Maria, portatrice del "Principe della pace", che regna sul trono di Davide per l’eternità (Isaia 9, 5-6), pacificatrice lei stessa degli uomini tra loro e dell’umanità con Dio. Solo quando trova Dio il cuore dell’uomo finalmente s’acquieta e trova pace (S. Agostino). q
Da il Nicodemo n. 46 del 30 giugno 1996