SHALÒM!

di Franco Biviano

Due luglio: la nostra comunità festeggia la Madonna "delle Grazie" o "della Visitazione", come si evince dal quadro che troneggia nell'abside della chiesa parrocchiale, o "della Pace", secondo un'antica espressione popolare riportata nella didascalia del ritratto di mons. Gabriele Maria Di Blasi conservato nella sacrestia. Tutte espressioni che si attagliano perfettamente al ruolo di "portatrice della Salvezza" che la Chiesa riconosce alla Madre di Gesù. Personalmente, tuttavia, nutro una particolare predilezione per il titolo di "Madonna della Pace" che, a parte il legame "storico" con il nostro paese, mi sembra quello che, sotto la semplicità del parlare comune, nasconde una inattesa profondità di significato.

Il termine "pace" ci riporta alla parola ebraica "shalòm" che risuona in tutta la Bibbia, dalla Genesi all'Apocalisse. Shalòm è il saluto che si scambiano gli ebrei ed è, quindi, la parola che quasi sicuramente venne pronunciata da Maria allorché, come riferisce l'evangelista Luca, "entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta" (Luca 1, 40). Fu un saluto particolarmente efficace per la cugina, incinta di sei mesi, tanto da farle esclamare: "Appena la voce del tuo saluto ha colpito i miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio seno" (Luca 1, 44). Shalom è il saluto con cui l'angelo Gabriele si era rivolto a Maria al momento dell'Annunciazione. Shalom sarà il messaggio cantato dalla milizia celeste per gli uomini di buona volontà alla nascita di Gesù. La parola "shalom" ruota dunque intorno alla figura del Redentore. Essa non esprime un semplice concetto. Indica piuttosto una Persona, quel "Gesù-Dio che salva" che Maria concepisce, porta in grembo e dà alla luce in una grotta. "Il Signore è Pace", leggiamo nel Libro dei Giudici (6, 24).

La pace è certamente uno stato interiore che si ottiene compiendo il proprio dovere e lottando per la giustizia. E può essere pure l'assenza di inimizie tra soggetti privati o tra nazioni diverse. Ma Pace è innanzitutto Dio con noi. E' la nostra vita orientata a Dio. La predicazione di Gesù in fondo non parlerà d'altro, se non del Regno di Dio che è un Regno di Pace e del modo in cui entrare a farne parte. Già Isaia nelle sue descrizioni del regno messianico ne aveva dato una rappresentazione plastica: "Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto" (Isaia 11, 6); e ancora: "Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra" (Isaia 2, 4).

Gesù viene, dunque, ad instaurare un Regno di Pace. Per entrarvi bisogna diventare "operatori di pace" (Matteo 5, 9), bisogna percorrere la strada della riconciliazione con Dio e con i propri fratelli per mezzo di Gesù Cristo. La Pace è la nostra mèta, lo stato di felicità eterna nell'amorosa contemplazione di Dio, unico obiettivo della nostra esistenza. Pace è il contenuto del messaggio cristiano, la grande prospettiva che si apre all'uomo che crede in Gesù Cristo. Fuori di Lui non può esserci pace. Non è possibile costruire una convivenza pacifica se l'umanità non aderisce a Dio. Il "mondo" non può dare vera pace.  Secondo le parole pronunciate da Zaccaria, è Gesù  il "sole che sorge ... per dirigere i nostri passi sulla via della Pace" (Luca 1, 79). Senza la luce del suo insegnamento, siamo destinati a vagare nel buio, alla ricerca di una pace che non troveremo mai. Con le sue sole forze l'uomo non potrà mai costruire la pace. Essa è un dono dello Spirito che ci viene dato attraverso il Risorto. La sera stessa della resurrezione, Gesù appare agli apostoli e ai discepoli e dice loro: "Shalom, la pace sia con voi" (Luca 24, 36; Giovanni 20, 19). Ma già prima, nel corso dell'ultima cena con i suoi, aveva detto loro : "Vi lascio la pace, vi dò la mia pace. La pace che io vi dò non è come quella del mondo" (Giovanni 14, 27).

A noi, suoi seguaci, è affidato il compito di portare a tutti la "buona notizia" dell'avvento della Pace, prima di tutto con l'esempio: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se vi amate gli uni con gli altri" (Giovanni 14, 35). Quello di darci da fare perché si realizzi il Regno di Pace verso il quale siamo in cammino è un nostro preciso impegno. Tuttavia abbiamo la perfetta coscienza che esso non può realizzarsi appieno nel tempo storico. Quando Cristo ritornerà e porrà fine alla storia, solo allora, varcando finalmente la soglia dell'eternità, vedremo la Pace faccia a faccia e ne godremo la beatifica presenza.  

La Chiesa che, come madre premurosa, ci aiuta in questo cammino verso la piena realizzazione del Regno di Cristo, non cessa di lanciare messaggi di pace. E lo fa in mille modi, non ultimo quello della liturgia domenicale, allorché il celebrante invita i fedeli a scambiarsi "un segno di pace" prima di accostarsi al banchetto eucaristico, anticipazione del banchetto eterno nel quale ci sazieremo della presenza di Dio, unica vera Pace.q

Da il Nicodemo n. 66 del 28 giugno 1998