VISITARE…

di Franco Biviano

Da tre secoli almeno la comunità aggregata nel territorio dell’antico feudo della Pace (corrispondente grosso modo all’odierno Comune di Pace del Mela) il due luglio di ogni anno rende onore alla Madre di Gesù, invocandola col titolo di “Santa Maria della Visitazione”. I Padri Benedettini del Monastero di S. Placido Calonerò, ai quali sembra debba attribuirsi l’introduzione di questo culto nel nostro territorio, seppero inculcare così bene nei coloni e metatieri che coltivavano i loro fondi questo particolare aspetto delle virtù mariane, che ancora oggi gli abitanti del piccolo centro tirrenico, assurti ormai al rango di proprietari terrieri e svincolati da subordinazioni di sapore medievale, manifestano una particolare inclinazione al gesto della “visitazione” o, detto con un termine più attuale, della “visita”. E’ prassi ormai consolidata della nostra parrocchia, infatti, che ogni anno, per tutto il mese di maggio, una statuina della Madonna faccia “visita” alle famiglie pacesi, girando giorno dopo giorno tutto il paese. Da qualche anno il territorio parrocchiale è stato suddiviso in cinque zone e le statuine che girano sono, conseguentemente, cinque, ma il significato della pratica devozionale è sempre lo stesso. Maria si porta di casa in casa e attorno a Lei si riuniscono tutte le famiglie del vicinato per pregare insieme e cantare inni alla Madre di Dio. E’ una grande occasione per creare dialogo con vicini “sconosciuti” e mai visti durante l’anno, per aprire gli occhi sui bisogni e sui problemi della porta accanto, per dare attuazione pratica alla comune appartenenza alla stessa fede. Anche i bambini e i ragazzi ne traggono beneficio, perché respirano un’atmosfera di religiosità autentica, fatta di gesti concreti e di riti che rimarranno impressi nella loro mente. Il titolo “Santa Maria della Visitazione” è chiaramente connesso all’episodio della vita di Maria, riportato dall’evangelista Luca (1, 39-56), che vede la futura madre di Gesù recarsi “in tutta fretta” ad assistere l’anziana parente Elisabetta negli ultimi tre mesi della sua tardiva gravidanza. Tutto lascia supporre che la sollecitudine di Maria, più che dal rapporto di parentela, nascesse dalla completa adesione al precetto biblico “Non indugiare a visitare un malato, perché per questo sarai amato” (Siracide 7, 35). La sottolineatura dell’evangelista (“si mise in viaggio in tutta fretta”) sembra proprio voler mostrare l’obbedienza di Maria all’ordine di “non indugiare”. Gesù, nella sua predicazione, amplierà in maniera rivoluzionaria la sfera di azione di questa prassi della “visita”, aggiungendo alla categoria dei malati quella dei carcerati: “Ero…infermo e mi visitaste; carcerato e veniste a trovarmi” (Matteo 25, 36). La Chiesa ha codificato poi l’insegnamento di Gesù inserendo i due precetti evangelici nell’elenco delle sette opere di misericordia corporale: visitare gli infermi; visitare i carcerati. VISITARE GLI INFERMI. Un giorno ho accompagnato il nostro parroco nella visita ad un ammalato terminale di tumore. L’infermo e la famiglia erano a conoscenza della situazione. Restavano ormai pochi giorni di vita. Quell’incontro mi ha arricchito moltissimo. Sono rimasto colpito dall’accettazione della volontà divina, anche se ovviamente erano stati messi in atto tutti gli interventi sanitari per evitare che il male si radicasse. Mi sembrò veramente di vedere in quel letto Cristo crocifisso. Non sempre è così, però. Molto spesso l’ammalato si abbandona ad atteggiamenti di aperta ribellione, il senso di impotenza di fronte all’avanzare del male lo rende disperato, la solitudine e l’angoscia diventano ulteriori nemici da combattere. Nell’un caso e nell’altro una visita “cristiana” può dare all’ammalato conforto e consolazione, il tempo di un dialogo è tempo rubato alla disperazione, una preghiera recitata insieme può sollevare lo spirito e dare prova dell’appartenenza al corpo ecclesiale, un colloquio ben calibrato può spingere il paziente ad offrire le proprie sofferenze come partecipazione al mistero salvifico di Cristo. Sotto questo profilo è una vera benedizione la presenza nella nostra comunità parrocchiale di diversi ministri straordinari della Comunione che, con sacrificio e dedizione, offrono agli ammalati e agli anziani del paese la possibilità di partecipare alla vita comunitaria attraverso l’incontro sacramentale con Cristo Eucaristia. Molto encomiabile è l’abitudine di visitare anche gli ammalati e gli anziani ricoverati in istituti di cura o in case di accoglienza. Non dimentichiamo che da qualche anno esiste a Giammoro una Comunità Terapeutica Assistita che ospita persone malate di mente, per le quali il dialogo diventa una vera e propria necessità per uscire dal tunnel. VISITARE I CARCERATI. Un mio amico, molto avanzato nella vita di fede, mi confessò un giorno un suo intimo cruccio. “Ho messo in pratica - mi disse - tutte le opere di misericordia corporale, tranne quella di visitare i carcerati”. In realtà bisogna dire che visitare i carcerati non è facile. Si frappongono spesso ostacoli psicologici e burocratici. Eppure la parola di Gesù non lascia adito a dubbi. E la “Lettera agli Ebrei” ci invita a non dimenticare il precetto divino: “Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere” (Ebrei 13, 3). Allora bisognerà trovare il modo di organizzarsi perché gli ostacoli, se veramente ce ne sono, vengano superati. Vale la pena di rammentare, a questo proposito, che padre Pippo Insana da anni si dedica all’accoglienza di una particolare categoria di carcerati, quelli dichiarati infermi di mente dall’Autorità Giudiziaria e ospitati nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona. Coordinarsi con padre Pippo e farsi guidare da lui per attuare quest’altro modo di “visitare ed accogliere Gesù” sarà sicuramente un modo concreto per farsi imitatori di Maria, sempre sollecita a prestare aiuto, non richiesta, laddove qualcuno versi comunque in stato di bisogno.

da IL NICODEMO n.98 di luglio 2001